mercoledì 9 ottobre 2013

Istanbul

Non mi ha dato una buona impressione. Il biglietto di visita di Istanbul sono stati palazzoni, strade enormi, traffico e grigiume, ma questa è la periferia di ogni grande città, che arrivando in aeroporto non si nota più di tanto, ma che si vive in maniera particolare se viene attraversata in bicicletta. Ma il centro storico è qualcosa di magico, che ho sempre voluto vedere con i miei occhi e, in effetti, è proprio bello. Le moschee, enormi, e i loro minareti, saltano all'occhio più di ogni altro monumento a noi europei occidentali, abituati normalmente a vedere svettare solo torri medievali e campanili, e qui ci sono alcune tra le più belle moschee del mondo, come la Moschea Blu, la moschea di Solimano e la Aya Sofia, quest'ultima una vecchia basilica del 500, trasformata poi in moschea, ed ora sconsacrata e trasformata in monumento museo, per via dei suoi interni bellissimi e mosaici bizantini spettacolari. Li vicino, anche il vecchio ippodromo romano, contenente i monumenti più antichi di Istanbul, ovvero un obelisco egiziano e una colonna greca, e soprattutto la Basilica Cisterna, l'edificio più spettacolare della città: si tratta di una chiesa sotterranea trasformata in cisterna nel corso dei secoli, con conseguente allagamento del pavimento, con le colonne che si specchiano nell'acqua, in un atmosfera arcaica e suggestiva (due colonne hanno anche la testa di Medusa scolpita). Poi, gli obbligatori mercati orientali, come il mercato delle spezie, profumatissimo, e il più commerciale Grand Bazaar, un po' patoccoso in verità, ormai quasi del tutto turistico. La parte più moderna, dall'altra parte del Golden Horn, è nettamente più commerciale, ma fuori dalle zone dei locali ci si perde con piacere per i vicoli che vanno su e giù, tra scorci sul canale del Bosforo, la torre Galata e il parco di Taksim, nelle quali vicinanze si possono assaggiare ottimi kebab e i tipici dolcetti turchi così buoni, come halva, baklava e altre cosette super mielose.
Con Matt, poi, sono riuscito ad addentrarmi nei quartieri più popolari, magari meno belli del centro storico, ma ugualmente affascinanti, tra mercati di frutta, verdura ed ogni altro genere di prodotto, e a fare un salto alla bienalle di Istanbul, con arte moderna non molto interessante a mio giudizio. Sebbene la parte asiatica della città non sia bella come quella europea, era impossibile non mettere piede anche nell'altro continente, e devo dire che ne è valsa la pena, almeno per aver visto lo stadio del Fenerbace (beh, mica tanta roba), per l'attraversamento in ferry con il sole in via di tramonto, e soprattutto per una zuppa tipica in un ristorante locale. E poi le pannocchie arrostite e le ciambelline al sesamo per strada, la colazione turca con Matt e un amico, la festa elettronica del venerdì... tante cose in pochi giorni! Tra l'altro ho notato che Istanbul è come Roma: è stata capitale dell'impero romano (d'oriente), è stata costruita su sette colli e... ha un sacco di gatti! Gatti ovunque, e ben ciccioni, con la popolazione locale che li mantiene proprio bene!
L'ultimo giorno invece me ne sono andato a zonzo nelle Prince' Islands, ad un'ora e mezza dalla terraferma, piccolo paradiso di tranquillità, dove i locali si dirigono in massa i fine settimana per scappare dal casino della città, infatti non ci sono auto qua, solo verde, case di legno in stile antico, e un'ottima vista sulle due parti di Istanbul, asiatica ed europea. Tra l'altro, c'era sole, e ho trovato un bel gruppo multiculuruale per visitare l'isola di Heybeliada, un uruguayano, uno spagnolo, tre tedeschi/e e una turca, finiti infine ad apprezzare il tramonto in un baretto sorseggiando l'ormai obbligatorio te turco.
Istanbul mi è piaciuta, tre giorni non sono stati sufficienti neanche per vederne la metà, ma non mi ha rapito completamente il cuore: certo, è piena di vita e feste, è internazionale, i monumenti sono spettacolori, ma sarà stata l'entrata nel traffico, o il grigiore e il freddo (10 gradi, porca la miseria), ma mi aspettavo qualcos'altro... come dicevo nel post precedente, Istanbul l'ho trovata e vissuta in ogni tappa del viaggio, che mi ha regalato cose bellissime e fatto conoscere persone stupende... Ma ci ritornerò sicuramente!

Ah, la questione bici in aeroporto è stata anch'essa un po' epica: dopo aver cercato inutilmente un negozio di bici che mi regalasse un cartone nel quale impacchettare la bici, la sera prima di partire ho trovato un bel cartone enorme di fronte a casa, di quelli dove si impacchettano i frighi. Impacchettata la bici in modo orribile, ma funzionale, ho dovuto fare 2-3 km per quelle viette assassine che vanno in su con l'enorme peso sulla spalla, i taxisti volevano fregarmi troppi soldi per portarmi fino al terminal del bus. Sono arrivato sudatissimo, penso che neanche nella tappa dell'ultima montagna in Grecia abbia sudato così tanto!


Il pollo Paul si meraviglia di fronte alla bellezza della Moschea Blu


L'interno dell'Aya Sofia


Cupole e minareti


Un po' di tutto! Colonna greca, obelisco egiziano e minareti!


Il pollo Paul si sente un po' Indiana Jones nella Basilica Cisterna


Il labirintico Gran Bazaar


Il pollo Paul si sgranocchia una deliziosa pannocchia!


Moschea di Solimano


Il luminoso interno della moschea di Solimano


Un vecchietto un giorno si mise a colorare il pezzo di scala vicino alla sua casa, per renderla più bella, poi alcuni giovani completarono l'opera sull'intera scalinata. Il governo decise poi di colorarla di grigio nuovamente, e così è nato un movimento che colora tutte le scale!


Pescatori sul Bosforo, con il famoso ponte sullo sfondo


Pollo Paul e i nuovi amici a piazza Taksim


In battello per Istanbul


Mmmmmmm che bbbono


Quartieri popolari


I classici bar da te


Prince Islands


I tre simboli fondamentali della Turchia: la bandiera a mezzaluna, Ataturk e il pollo Paul!


Pescatori notturni sul Golden Horn


Pollo Paul, Branden e Matt in abbigliamento anti sommossa... non si sa mai!

XXIV tappa: l'arrivo!

Tappa: Tekirdag - Istanbul
Km: 137

L'ultima tappa. Secondo Google Map mancano solamente 138 km per raggiungere la meta del viaggio, Istanbul. Praticamente niente, dopo tutti i km macinati nei 23 giorni precedenti, ma bisogna comunque pedalarli, la bicicletta non va mica avanti solo a forza di volontà! La mattina comincia nelle migliori delle maniere, con una classica colazione turca preparata da Engin, pomodori, uova, olive, salsa di sesamo con miele, pane e una nota italiana, la Nutella! Carico di energie, comincio a pedalare con un freddo assurdo, le mani sono le prime che ne soffrono, la pelle quasi si screpola, porco cane che inzio mattina gelido! E pensare che quattro giorni fa ho fatto il bagno nel mare...
La strada segue la costa, due corsie per direzione, il paesaggio migliora decisamente rispetto a quello triste e noioso dei due giorni precedenti, c'è un po' di sole e ho addirittura vento a favore! C'è qualche saliscendi, però niente di che in confronto a quelli di ieri, e il vento sulle spalle non me li fa neanche notare. Vado avanti ai 35, l'atmosfera si fa leggermente più calda man mano che il sole si alza nel cielo, e per una quarantina di km mi sembra di volare. Poi, il vento, per chissà quale mistero divino, cambia direzione, e diventa nuovamente laterale e leggermente contrario, e ricomincio a faticare, ma una pausa pasticcini turchi mi rigenera completamente. Sulla strada trovo anche un trattore lento del quale sfrutto la scia: il gentile guidatore, vedendomi dietro, mi aspetta pure quando mi stacco in salita, così per una decina di km riesco a riposarmi un po'. Il traffico si fa sempre più pesante man mano che avanzo e i paesi diventano sempre più grandi, si capisce che Istanbul è sempre più vicina, fin quando, al termine di una collinetta micidiale, dalla cima vedo un panorama fatto di case e strade che si perdono nell'orizzonte. Visto che i segnali stradali sono incomprensibili e indicano località che non appaiono sulla mappa, chiedo ad un passante qual'è la strada per raggiungere Istanbul, e come risposta ricevo "Questa E' Istanbul". Oh porco cane, sono al km 100, questo significa che per 38 km, secondo quanto dice Google Map, devo pedalare nella selva urbana per raggiungere il centro di Istanbul? Ebbene sì!
Le cose si fanno particolaremente complicate. Ho scalato il Durmitor e la montagna prima del Kosovo con l'acqua, ho avuto vento a 70 km all'ora, ho pedalato la notte, ho rotto raggi, ma il rischio del super traffico, delle macchine assassine e delle superstrade not bike-friendly non l'avevo ancora affrontato. Ma in qualche maniera bisogna arrivare a Istanbul. Nel libro di Rigatti, anche lui andato a Istanbul ma prendendo la strada da Edirne, in effetti c'era scritto che entrare nella città sul Bosforo non era per niente facile, addirittura consigliava prendere il traghetto, ma non pensavo la situazione fosse così assurda. Niente è stato pensato per far si che Istanbul si possa raggiungere con mezzi diversi dall'automobile, e i poveri ciclisti (che non ho visto, ovviamente), sono costretti a rischiare la vita. Bisogna stare attenti a tutto, a quelli che devono prendere un uscita a quelli che entrano nella strada principale, entrambi se ne fregano della solitaria bicicletta che passa per di li. Camion e macchine ti passano a pochi centimetri, di marciapiedi ce ne sono pochissimi, e hanno pure i lampioni in mezzo, così per passare devi scendere sulla strada e quindi risalire, e i turchi guidano come i napoletani... Le case e le super strade sembrano non finire mai, non si riesce a vedere un parco verde per km, sembra che tutto il terreno sia stato edificato e cementificato, tutto ciò mi fa venire l'ansia, dopo tre settimane a pedalare in zone abbastanza isolate e con poco traffico. Inoltre, la strada continua ad andare su e giù, non che sia stanco, anzi, tutto questo passaggio di macchine mi fa salire il livello di adrenalina in corpo, ma non mi permette di vedere mai una fine alla città, dato che il mare l'ho lasciato alla mia destra svariati km addietro.
Finalmente, dopo parecchi km, scorgo in lontanaza le mura della città, il centro storico è vicino. Attraverso le mura con estrema gioia, mi sembra di passare sotto un traguardo volante del Giro d'Italia, e ad ogni parco che vedo di fronte a me mi dico: "ecco, questo è il Parco Gezi di Taksim", del quale tanto mi ha parlato Giulia e che è stata una delle sedi degli scontri di qualche mese fa. Ma ogni volta, il parco non è quello... Passo sotto gli archi dell'acquedotto romano, sembra l'arco dell'ultimo km del Giro, ma l'ultimo km non è, poi passo a fianco di enorme moschee ed edifici antichi, fino ad attraversare un ponte che per un attimo scambio per quello del Bosforo, ma è troppo piccolo per essere lui, e che si rivela invece il ponte del Golden Horn, che divideva in passato l'antica Costantinopoli con la più moderna Galata (costruita dagli italiani), ovvero città vecchia e città nuova.
Solo pochissimi km mi dividono da Taksim, che raggiungo, finalmente, dopo una salita, al km 138,5: ho battuto Google Map di 500 metri, per una volta! E' fatta! Dopo ventiquattro giorni sui pedali, la meta tanto desiderata è stata raggiunta! Mi sento in cielo, la gente che cammina nella piazza ovviamente non capisce, per loro sono un turista come tanti altri, vestito in maniera assurda, con tutina aderente e pure sporco, ma io questa città me la sono conquistata da solo, km dopo km, sotto sole, acqua, pioggia, polvere, tra sudore, cani feroci, problemi meccanici, kili di marmellata e pane, gente stupenda e numerose frontiere. Ogni giorno ho conquistato un pezzettino di Istanbul, dal primo minareto in Bosnia, al bazaar di Sarajevo, agli imam che cantavano in Kosovo e sulle strade schifose della Tracia costellata di micro paesini sui quali si elevava il minareto.
E adesso? Ho finito! E che faccio? Non devo più pedalare... sono chiuso tra 80 km di strade e case... tra Europa e Asia, in mezzo a milioni di persone di tutte le razze e nazionalità. Ma per oggi non voglio pensare a niente, voglio solo arrivare a casa di Branden e Matt, gli amici che Giulia ha conosciuto durante gli scontri di Taksim e che gentilmente mi ospiteranno per tre giorni nella vecchia capitale dell'Impero Romano d'Oriente. Sarà Brenden ad accompagnarmi dalla piazza a casa sua, con la pancia piena dopo aver mangiato il primo, vero, delizioso, turchicissimo kebab, o quello che noi chiamiamo kebab.
E domani, sarò un turista, un normale bipede come tanti altri, perso nella magica Istanbul...


Highway star!


I classicissimi pasticcini turchi, apprezzati anche dal pollo Paul


Il pollo Paul guarda sconcertato l'inizio di Istanbul... da li in poi la strada sarà anche peggio!


E' fatta!!! Pollo Paul a Taksim

martedì 8 ottobre 2013

XXIII tappa: maledette puntarette!

Tappa: Kesan - Tekirdag
Km: 88
Media: 20,4

Penso di essermi addormentato un secondo dopo aver toccato il letto ieri, o forse anche meno, da quanto ero stanco. Oggi infatti mi sono svegliato con un certo indolenzimento alle gambe non proprio simpatico, ma i muscoli si sono sciolti un po' camminando per il centro di Kesan (anonimo e per niente interessante) per andare a cambiare euro con lire turche: vedo sventolare con forza la grande bandiera turca nel centro della piazza, anche oggi c'è vento insomma... meno male che non piove, almeno, ma fa un freddo cane, le temperatura è scesa un sacco.
La tappa di oggi è in teoria semplice: un'ottantina di km, che al principio avevo programmato come pianeggianti, ma vista la tappa di ieri, ho i miei dubbi. Ed infatti la strada, che ieri non vedevo per il buio, si rivela in tutta la sua bruttezza e difficoltà. Due/tre corsie per direzione, macchine e camion, un paesaggio privo di interesse tutto intorno, e soprattutto collinette micidiali lungo tutto il percoso. Non si può pedalare per più di due km consecutivi senza che la strada salga o scenda, e non dico salitine facili facili, si parla di puntarette che normalmente sono del 7-8%, che spezzano il ritmo e stancano, come anche il vento contrario, proprio fastidioso. Penso di aver fatto 15 puntarette, un'agonia, tra l'altro le discese non le posso prendere troppo velocemente per colpa del solito vento... Gli 88 km che dividono Kesan da Tegirdag sono tra i più brutti del viaggio, non me li godo per niente, complice anche la stanchezza del giorno prima, che si fa sentire parecchio. Solo negli ultimi km la situazione migliora, avvicinandomi al mare la vegetazione si fa leggermente più rigogliosa e in lontananza si vede l'acqua del mar di Marmora. Magari il paesaggio sarebbe anche più interessante se non fosse per il grigiore perpetuo e per il fatto che i campi di granoturco sono già stati mietuti, risultando così di un marrone noioso.
Tekirdag viene raggiunta dopo una discesa di 3 km che mi porta al livello del mare, le costruzioni mi sembrano parecchio moderne e non ho nessuna voglia di visitare il centro (che comunque non è niente di che, leggendo in giro), e me ne vado direttamente verso la casa del ragazzo che mi ospita questa sera, il buon Engin. Mentre lui è al lavoro, io ne aprofitto per riposare a casa e a non fare niente, zero voglia di uscire e prendere altro freddo. Finalmente arriva Engin a casa, con il quale si parla di rock e film assieme alla sua ragazza, ascoltando blues n roll turco di fronte ad una buona cenetta. Non si può chiedere di meglio per terminare una giornata così, la peggiore del viaggio, paesaggisticamente parlando: eeeeh, non può mica andare sempre di lusso! Ma domani è l'ultimo giorno, in teoria, Istanbul è ormai a un passo!


 Che bella la bandiera turca che sventola vero?? E invece nooooo!!! Maledetto vento...


 Ogni tanto, in lontananza, c'è anche un po' di verde


Il pollo Paul guarda con sconforto l'orribile strada percorsa

lunedì 7 ottobre 2013

XXII tappa: un'altra giornata epica!

Tappa: Roditis - Kesan
Km: 132

Doveva essere facile, molto facile, e invece no. La giornata si e' trasformata in uno dei tapponi epici del viaggio.
Dopo la pioggia notturna, il cielo pare dare una tregua durante il mattino, anche se il grigiume è inquietante, soprattutto se è piuttosto oscuro in direzione est, ovviamente la mia direzione. A ovest, altrettanto ovviamente, il cielo è invece abbastanza azzurro. Vabbè, in marcia lo stesso! Passano pochi km dalla mia partenza dalla casa di Aris, ed ecco il primo problema della giornata, un raggio della ruota dietro è rotto: si comincia bene! La speranza è di trovare un negozio di biciclette nel prossimo paese di media grandezza che troverò, Sapes, a 25 km, ma ci credo poco. Percorro ancora pochi km e sento un colpo secco provenire da dietro: un altro raggio si è rotto! E porco cane, con due in meno si fa dura, adesso tutti gli altri si indeboliranno e se si rompe un terzo non si può proseguire! Corro ai ripari, mi libero di peso inutile dietro, butto via due litri di acqua per non appesantire la ruota, e vado avanti con un rapporto leggero, per abbassare la tensione sui raggi. Piano piano arrivo a Sapes, accompagnato da tuoni e fulmini, giusto un paio di minuti prima che cominci a scendere acqua a catinelle, un acquazzone epico che durerà per un bel po'. Cerco un negozio di biciclette, ne trovo uno ma è chiuso, e dopo pochi minuti, riparato sotto un balcone, arriva un tipo in moto che mi indica dove posso trovare il padrone del negozio. Purtroppo, come sospettato, non ci sono raggi della mia misura, una bici da corsa non è cosa comune in Grecia, e il tipo in moto, il gentilissimo macellaio locale, si propone di aiutarmi: suo fratello sarebbe arrivato a momenti in macchina, per portarmi in un villaggio vicino per vedere se ci sono raggi adatti per la mia bici. Prevedo che non avrò molta fortuna neanche stavolta, insomma, se non ci sono a Sapes, immaginarsi in un paesetto ancora più piccolo! I minuti passano e il fratello non arriva, ho una certa fretta perchè se va a buca anche nell'altro negozio dovrò raggiungere Alexandroupolis, la prossima grande città, prima delle due e mezza, orario di chiusura dei negozi. Nella lunga lunga attesa i ragazzi mi offrono pure il caffè, e dopo oltre un'ora arriva il fratello, che ci lascia la macchina: purtroppo anche in quel negozio il raggio non c'è, e allora, mestamente, riprendo a pedalare verso Alexandroupolis, con la pioggia che cade pesantemente e l'ancor più pesante preoccupazione di non rompere un'altro raggio nei 35 km che mi separano dalla città.
La strada comincia a salire, in giro non c'è anima viva, neanche macchine, il posto è isolato, ho un sacco di problemi e faccio di tutto per non peggiorare la situazione. Mollo i freni posteriori, la ruota, decentrata, gli sbatte contro, e io mi faccio un sacco di km sui pedali e con il busto piegato in avanti, per non pesare sulla ruota dietro, e sembra funzionare, almeno per un po', fin quando non mi siedo sul sellino e sento la ruota zigzagare in maniera mostruosa. Sento i polpacci in fiamme, neanche in discesa posso riposare, e quando ormai mancano otto km alla città vedo arrivare un furgoncino dietro di me, un miracolo! Lo fermo e chiedo all'autista se mi può portare fino ad Alexandroupolis, non voglio rischiare di rompere completamente la ruota. Monto su, c'è spazio per la bici nel furgoncino di questi gentili pescatori, che mi risparmiano 10-15 km di strada e che mi portano di fronte ad un negozio di biciclette. Sono le due e mezza spaccate, e ovviamente il negozio sta per chiudere, ma il proprietario mi indica un negozio aperto tutto il giorno ad un km e mezzo. Durante il km e mezzo scende il più pesante acquazzone della giornata, meno male che i vestiti mi tengono relativamente asciutto, però sono proprio impresentabile eheh. Sfiga vuole che il proprietario del negozio sia andato a mangiare, mentre il fratello, addetto temporaneo del locale, non sa riparare biciclette (e che ci sta a fare allora???). Il fratello sarebbe tornato alle 5 (per me tardissimo, perchè da Alexandroupolis a Kesan, meta della giornata, ci sono ancora 70 km, e non voglio pedalare nell'oscurità), ma poi lo convinco che è una specie di emergenza, e ci diamo appuntamento alle quattro. Trovo ristoro e riposo in un bar/ristorante li vicino, occupato da 6/7 vecchietti mezzi ubriachi, che mi prendono in simpatia, e alla fine mi offrono tutto, dal cibo al te, con grandi conversazioni senza sapere una parola di inglese! Che forti!
Alle quattro incominciano i lavori per riparare i raggi rotti, mezz'oretta di lavoro e soli 5 euro (quanti me ne chiederebbero in Italia??), ma la sfortuna mi perseguita, e dopo mezzo km mi accorgo che la ruota balla ancora. Ritorno nel negozio, e scoprono il nuovo problema: le sfere sono andate, bisogna sostituirle. Il tempo passa rapido ed inesorabile, ma il problema viene risolto e il titolare non mi chiede neanche un centesimo: anche lui è ciclista, e capisce che ho fretta di arrivare in Turchia prima dell'oscurità, e mi suggerisce le strade più corte da affrontare.
Per me comincia una corsa contro il tempo, metto il rapportone e cerco di tenere una media sopra i trenta, non ho per niente voglia di pedalare con il buio, fortunatamente non piove più ma la strada non mi è per niente amica,  comincia a salire e scendere, con i cani che mi attaccano un paio di volte, finché arrivo alla frontiera con la Turchia, con il fiume Evros che divide i due paesi. Un altro cane, piazzato giusto all'entrata della frontiera turca, cerca di attaccare, ma fuggo rapidamente verso il controllo passaporti: ci manca solo che non mi facciano entrare in Turchia, ma almeno in questo le cose vanno lisce. Sono in Turchia!!! Istanbul è sempre più vicina!
Sono le sette e, con mia sorpresa, tutto è molto più oscuro. Non avevo calcolato che più a est mi muovo, più le giornate finiscono prima: mancano 27 km a Kesan, e dovrò pedalarli al buio. L'immagine che si presenta davanti a me è memorabile: alberi piegati dal vento, colline, cielo scuro illuminato da fulmini apocalittici, il che, con una degna colonna sonora apocalittica nelle mie orecchie (una delle ultime canzoni del nuovo album degli Haken, con tanto di ottoni possenti), mi fa presagire un finale di tappa epico. Il vento è laterale, che soffia verso sud, cioè verso l'esterno della carreggiata (meno male), faccio fatica a tenere la bicicletta diritta, mentre conto i secondi che dividono il fulmine dal tuono (per calcolare la distanza del fulmine, non si sa mai che uno mi colpisca!). Il tutto si complica quando, verso le sette e mezza, la luce scompare totalmente, la luna e le stelle sono coperte dalle nuvole, ed io avanzo a naso, cercando di seguire la linea bianca della strada. Non mi rendo conto di quello che ho intorno, solo sento che le mie gambe faticano a pedalare, la strada continua ad andare su e giù, alle faticose salitine seguono veloci discese, che affronto con estrema cautela a causa del forte vento. I camion che mi passano velocemente a fianco mi risucchiano verso l'interno della carreggiata con la loro scia, ma terminata essa, il vento mi riporta verso fuori pista, sballottandomi di qua e di la, con la strada che si riempie di sassi all'avvicinarsi alla terra. Ricomincia a piovere, ma leggermente, e fortunatamente le temperature non sono troppo basse, anche se fa notte. Non riesco a vedere neppure il contakilometri, tanta è l'oscurità, quindi pedalo al massimo sperando di intravedere le luci della città al di la di ogni collinetta che affronto.
Le luci di Kesan mi si presantano davanti agli occhi come se a Mosè si fosse materializzata davanti a se la terra promessa, e raggiungo la città, finalmente, quando ormai sono le otto e mezza. Mentre aspetto Mehmet (il ragazzo che mi ospiterà a notte) nella piazza principale, due gentili turchi mi offrono un meraviglioso classico te turco, che mi riscalda l'anima come nessun'altra cosa avrebbe potuto fare. Io sono decisamente stanco, ma alla casa di Mehmet, un altro viaggiatore zaino in spalla che si è fatto tutto l'Oriente in autostop, ci sono anche due estoni e una calorosa atmosfera allegra: la giornata non terminerà presto, le chiacchiere andranno avanti fino a tardi, ma per me oggi è finita, le gambe possono riposare, e mi rilasso, pensando che domani di km dovrò farne molti di meno... sfortuna permettendo!


La pioggia è proprio la, dove sto andando!


I salvatori della giornata


Classico paesaggio della Tracia, noioso, noioso, noioso


Finalmente, la Turchia!

XXI tappa: verso la grigia Tracia

Tappa: Nea Paramos - Roditis
Km: 136
Media: 23,4

La tappa in teoria e' facile, niente montagne e tutta pianura, un paio di citta' da visitare e niente piu'... in teoria! Come sempre, pero', le cose non filano via lisce. La mattina colazione con la pasta del giorno prima, niente di piu' energetico, senza pero' Nikos che se n'e' andato via prestissimo per prendere l'aereo per Barcelona. Il cielo, purtroppo, e' abbastanza grigio, ma non fa freddo, anzi, i primi km me li sudo abbastanza, nonostante la brezza mattutina che viene dal mare. La strada va su e giu' seguendo la costa, ma il panorama e' meno affascinante come il giorno precedente, fino ad arrivare a Kavala, una citta' abbastanza grande e descritta come una delle piu' belle della Grecia. Qui mi rendo conto che sono proprio vicino a Istanbul, infatti diversi segnali indicano Costantinopoli a soli 460 km, ormai siamo li! Kavala e' una citta' portuaria con un bel promontorio sul quale e' stato costruito il primo nucleo di case, in stile ottomano, e il solito castello, ma il monumento che richiama piu' l'attenzione e' il bel acquedotto, costruito sotto Solimano il Magnifico, che portava l'acqua alla citta' alta e che taglia in due la parte bassa.
A Kavala gironzolo un paio d'ore, giusto il tempo per raffreddare i muscoli, e poi si riparte, in direzione di Xanthi. Qua le cose si fanno piu' difficili, infatti comincia un vento contro per niente simpatico che mi fa faticare non poco, e' proprio sconfortante pedalare con il ritmo normale e vedere che non si avanza come si dovrebbe. Piano piano le cose migliorano, il vento riduce la sua forza, ma il panorama non e' dei migliori, campi anonimi, montagne anonime, fiumi anonimi e cielo grigio non aiutano a tenere alto il morale. Comunque, dopo un po', arrivo a Xanthi, anche questa descritta come una citta' carina nel quale e' bello perdersi nelle stradine acciotolate della parte vecchia. In effetti, la citta' antica non e' male, con le solite case ottomane, pero' dai, niente di che, si puo' perfettamente evitare una deviazione per visitare appositamente Xanthi. A Xanthi trovo un ciclista locale che mi consiglia di allungare un po' il mio percorso, e invece di scegliere la strada interiore, pedalare verso il mare e poi risalire verso Komotini, perche' il panorama e' piu' bello e arrivati al mare si passa in istimo di terra sottile tra mare e un lago, che c'ha pure una chiesa in mezzo... Io penso a qualcosa tipo Misurina, quindi le mie aspettative sono alte.
La strada verso il mare e' noiosa, e oltretutto mi accorgo che la ruota anteriore e' parecchio a terra: dal copertone stacco un pezzo di vetro, quindi mi tocca cambiare pure camera d'aria. Raggiungo  la costa sempre con il vento contro, ma il passaggio tra lago e mare non e' cosi' affascinante come avevo pensato, e nemmeno la chiesa nel lago, in verita' un monastero, riesce a risollevare le sorti della bellezza del luogo, visto he oltretutto era chiusa al pubblico in quelle ore.
In direzione di Komotini la velocita' aumenta, dopo essere andato a sud con il vento contro, per andare adesso verso nord me lo trovo a favore, una pacchia! Komotini la raggiungo velocemente, lungo un'altra strada drittissima e noiosa, ma non mi fermo, mi rimangono ancora  5 km per arrivare a Roditis, piccolissimo villaggio dove mi avrebbe ospitato il mio couchsurfer Aris. L'accoglienza di Aris e' delle migliori, lui gentilissimo mi prepara una cena da re, poi con la sorella ce ne andiamo la sera in giro per Komotini, citta' universitaria che pero' ha poco di interessante, rifugiandoci in un bar dopo un tremendo acquazzone e un cielo squarciato da fulmini che mi fanno pensare a brutte cose per domani... sarà la sorte dalla mia parte? Chissà...


Il pollo Paul vede vicino l'arrivo... solo 460 km al di la degli archi dell'acquedotto!


Case a Xanthi


La chiesetta di Porto Lagos



Nuovi amici per il pollo Paul, i fenicotteri rosa!

sabato 5 ottobre 2013

XX tappa: il primo bagno

Tappa: Thessaloniki - Nea Peramos
Km: 160
Media: 25

La prima e piu' grande preoccupazione per ogni ciclista che deve cominciare una giornata in bici e' il tempo, e si teme sempre quello che si puo' vedere aprendo la tenda della finestra: sole o brutto tempo? Questa volta il destino riserva sole, e bello raggiante, e cosi' il giorno comincia nei migliori dei modi. Uscire da Thessaloniki e' un'impresa, come in tutte le citta' grandi, e ci metto un bel po': trovo anche due colleghi ciclisti, prima un polacco che sta girovagando per i Balcani, il secondo e' un signore che mi scorta fino all'incrocio per uscire da Thessaloniki, per una strada che lui definisce la migliore. Un appunto, le strade di Salonicco fanno veramente schifo, piene di buche e dunette che fanno sobbalzare ogni volta il bagaglio che ho dietro. La strada indicata dal signore e' niente di meno che una specie di tangenziale con tre corsie per direzione, che incredibilmente i ciclisti possono fare. Per uscire dalla citta' bisogna affrontare una collinetta, niente di che, ma faticosa pare estremamente lunga e senza curve se affrontata dalla tangenziale. Con le (poche, fortunatamente) macchine e camion che sfrecciano accanto, arrivo alla cima e riesco a prendere una stradina secondaria per affrontare gli ultimi metri della salita e...sorpresa! D'improvviso, la nebbia. Un nebbione da fogo che occupa tutta la vallata sottostante, fino alla cima della collinetta, sembra che il piccolo rilievo protegga Salonicco, dove invece brilla ancora il sole.
Un po' triste ed infreddolito da questa novita', comincio la discesa, che mi portera' finalmente verso la strada statale che mi portera' da un lato all'altro della penisola Halkidiki, una specie di mano a tre dita: ecco, io percorrero' praticamente la parte delle nocche della penisola (che dicono splendida). La strada, nonostante sia una statale, e' poco trafficata, e' domenica e si vede, non c'e' nessuno in giro, e io me la godo, anche perche' la nebbia scompare man mano che il sole si alza. Alla mia destra, le colline, alla sinistra un paio di laghi, uno ormai secco e (mi pare) salato, l'altro bello azzurro, sul quale si affacciano altre montagne piu' a nord. Pedalo piacevolmente per queste terre, non troppo brulle come le zone intorno a Kozani o poco interessanti come la strada per Salonicco, e incontro un altro compagno ciclista, un taiwanese che da Honk Hong e' diretto in Spagna, complimenti!
Attraversate le "nocche", mi ritrovo all'altro lato della penisola, e appare finalmente il mare. Dopo una novantina di km, ad asprovalta, e' ora di fare la prima pausa, ovviamente in spiaggia. Pane e miele e, soprattutto, un bel bagnetto in mare, che bella sensazione, che freschezza dopo tutta quella sudata! Purtroppo di km devo pedalarne ancora tanti, e quindi non posso stare ad ammollo per molto, ma quei minuti nel mare sono serviti per eliminare psicologicamente giorni e giorni di montagne tra i Balcani.
La strada che si dirige a Kavala costeggia il mare costantemente, e i miei occhi godono parecchio alla vista di tutta quell'acqua alla mia destra. Il clima e' perfetto, si passa per zone storiche (fonti termali dove si bagnavano gli antichi greci e grandi statue di leoni), a volte c'e' qualche collinetta, ma sporadica, e mi avvicino velocemente alla meta, fin quando una strada secondaria che costeggia il mare (a volte la statale si allontana un po' dalla costa), si trasforma in sterrato, con conseguente ed imminente foratura: trovo ben cinque spine attaccate alla ruota anteriore! E' gia' la seconda foratura in Grecia, piu' i raggi rotti: che le strade portino un po' sfiga qua? Secondo me e' Roberto, che ha oltre a forature e danni vari, ha previsto anche la pioggia... mannaggia a te!
Cambio la camera d'aria velocemente e ricomincio a pedalare fino ad arrivare, finalmente, a Nea Paramos, un villaggio costiero e turistico a 20 km da Kavala, dove c'e' Nikos che mi ospita. Io sono un po' stanchino, il sole ha battuto bene oggi, ma meglio cosi'! Con Nikos mi dedico alla cucina, con un paio di paste, della quale una con un sugo di spezie orientali, cipolla, uvetta, fichi secchi e mandorle che e' venuta niente male! Termina la serata con un assurdo film di Nicolas Cage, che mi convince che e' meglio andare a letto va, piuttosto che vedere fanciulle indemoniate che hanno bisogno di un esorcismo!


Il pollo Paul si rosola al sole... mmm che profumino... e che fame! ehm scusa pollo Paul, non mi riferivo a te!


La strada lungo il mare


Uva uva uvaaaa!!


Le belle spiagge che si notano dalla strada...

giovedì 3 ottobre 2013

XIX tappa: dal cotone al mare

Tappa: Veria - Thessaloniki
Km: 79
Media: 26

E dopo le montagne arriva la pianura. Finalmente! E la tappa e' pure breve, un giorno senza difficolta' ci vuole ogni tanto. Il mattino preparo la bici e faccio colazione con la velocita' di un bradipo azzoppato, e mi perdo pure la possibilita' di andare a vedere le rovine di Verginia, a 15 km da Veria, perche' ho appuntamento alle 2 con Roberto a Thessaloniki.
La tappa e' velocissima, mantengo praticamente i 30 di media sempre, seguendo una lunga strada dritta, senza curve, per praticamente 50 km. Intorno a me tantissimi campi di cotone, la strada e' invasa da batuffoli bianchi, e molti camion trasportano il prodotto, ogni tanto ne raccolgo qualcuno e sono veramente soffici, non ne avevo mai visti dal vivo! Faccio i primi 60 km alla velocita' della luce, senza fermarmi mai, e dopo un piccolo spuntino a base d'uva che mi ha regalato Alexia, noto delle strane vibrazioni sotto il mio sedere: la ruota gira in modo strano, un raggio e' andato.
Porca miseria, il mio peggior nemico, il problema meccanico irrisolvibile se non portando la bici da un negozio di biciclette! Meno male che Salonicco e' a soli 20 km, allora rallento l'andatura e sto ancora piu' attento a non prendere buche. Con la ruota decentrata per la mancanza di un raggio si puo' pedalare, anche con due in meno, ma tutti gli altri raggi si indebolirebbero, e la ruota si danneggerebbe velocemente.
Il paesaggio, a parte i campi di cotone, non e' per niente interessante, soprattutto avvicinandomi a quella  che e' la seconda citta' piu' grande della Grecia: aumentano le fabbriche ed il traffico, e la strada diventa proprio brutta, piena di buche e dunette, all'entrata di Salonicco. Sono in anticipo, e allora cerco un negozio di bici in centro citta', ma sembra che in Grecia non abbiano voglia di pedalare. Dopo aver chiesto in giro, ottengo l'informazione e mentre mi dirigo al negozio, mi incontro casualmente con Roberto e Ioanna, la ragazza che ci ospita, studentessa universitaria supertranquilla e dai ritmi greci... Portiamo la bici nello stesso negozio dove lui a preso la sacca bici per l'aereo (partira' stasera per Bologna): alla fine il biciclettaro mi cambia tre raggi, il tutto per soli cinque euri.
Andiamo a casa di Ioanna a rilassarci un poco e a berci il classico caffe' greco, ovvero il caffe' shekerato, che qua tutti bevono assaporandone goccia per goccia e facendolo durare un'ora e piu': io e Roberto, non abituati, lo beviamo in tre minuti, sentendoci pure le parole... bisognera' confondersi con gli indigeni locali... Roberto racconta delle sue due tappe in bici, Edessa e' carina e anche lui ha trovato un sacco di campi di cotone, e nel percorso ha bucato pure lui. Poi, arriva il momento di partire,  e con un po' di fortuna e le parole di Ioanna con il conduttore, riesce a prendere un bus caricando sopra la bicicletta, in direzione dell'aeroporto.
La citta' la visito con Afrodite, un'amica di Ioanna, che mi fa da cicerona attraverso antiche rovine romane, torri sul mare, che finalmente vedo (un piccolo traguardo del viaggio!), la citta' alta e i quartieri ottomani: con sti giovani studenti universitari mi sembra di tornare indietro nel tempo, ma cavolo, sono gia' passati 5/6 anni da quando ho finito?!?!? La serata termina con un gelato enorme in compagnia anche della sorella di Afrodite, ed un concerto hip hop nel campus dell'universita' (cosa che non succederebbe mai nell'uni di Verona...), che apprezzo pure, l'hip hop greco non e' mica male e dal vivo da' abbastanza energia: ovviamente mi sarei goduto di piu' un punk rivoluzionario greco o un metal alla Firewind, pero' questo e' quello che c'e'! Anche loro le saluto prima che finisca la musica, domani la tappa e' lunga e bisogna riposare: beh, alla fine saranno 5 ore di sonno porco cane!)


Cotone ovunque


Il mareeeeeeeee!!!!


Aristotele prende in mano il pollo Paul conferendogli tutta la sua saggezza...


Rovine romane


Kamara, arco romano